I soldi provenivano da qualcuno che chiamavano il “gigante”
E questo enigmatico “gigante” era legato a una carta di credito. Quella carta di credito era nelle mani della moglie e della figlia di Pier Antonio Panzeri, ex europarlamentare, che l’hanno utilizzata per i propri fini.
Questo è solo uno dei tanti dettagli surreali sepolti in una pittoresca richiesta di estradizione da parte di un procuratore belga che cerca di scoprire se il Qatar e il Marocco abbiano acquisito influenza nel Parlamento europeo. La famiglia di Panzeri fa parte di un’indagine internazionale in espansione che ha già catturato un’importante eurodeputata, Eva Kaili, e ha lasciato Bruxelles chiedendosi chi potrebbe essere il prossimo.
Secondo la richiesta di estradizione vista da POLITICO, Panzeri, un ex eurodeputato socialista italiano, è accusato di essersi appoggiato ai suoi ex colleghi parlamentari a vantaggio del Qatar e del Marocco, e di aver preso soldi per farlo.
La sua famiglia, scrivono gli investigatori, è apparsa saggia riguardo al suo comportamento illecito, secondo il mandato.
La moglie di Panzeri, Maria Dolores Colleoni, e sua figlia Silvia Panzeri “sembrano essere pienamente consapevoli delle attività”, si legge, “e partecipare anche al trasporto dei doni”.
L’uomo dietro questi doni? Abderrahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia, secondo il documento. Ma Atmoun è il gigante? Non dice.
La richiesta di estradizione include anche dettagli intimi di discussioni familiari. Ci sono chiacchiere sui soldi e mercanteggiare su eleganti piani per le vacanze.
La moglie di Panzeri, si legge, “aveva dato un’occhiata ai prezzi per un viaggio di famiglia durante le vacanze di Natale” e “gli aveva detto che non poteva permettersi di spendere 100.000 euro per le vacanze, come l’anno scorso, e pensava che la proposta attuale, cioè 9.000 euro a persona per il solo alloggio, era troppo costosa”.
Il documento riprende la scelta linguistica del Colleoni per insinuare la colpevolezza di Panzeri. Descrive il modo in cui discuteva degli affari di Panzeri, osservando che preferiva la parola francese “combines” – o “schemes” in inglese – “per riferirsi ai viaggi e agli affari di suo marito”.
La parola, scrivono gli investigatori, “è peggiorativa e suggerisce che suo marito usa mezzi ingegnosi e spesso ingiusti per raggiungere i suoi scopi”.
Il documento racconta anche la moglie di Panzeri che esorta il marito ad aprire un conto in banca belga. E a quanto pare ha insistito “che non voleva che lui facesse cose e tutti i tipi di operazioni senza che lei fosse in grado di controllarlo”.
Accuse simili colpiscono nel documento la figlia della coppia, Silvia.
Parlando dei regali dell’ambasciatore marocchino, il documento precisa che “i reati sono menzionati nella trascrizione delle intercettazioni telefoniche, durante le quali la signora Panzeri ha commentato l’erogazione dei ‘regali’ di cui avrebbe poi beneficiato”.
Sia la madre che la figlia sono accusate nel documento di partecipazione ad organizzazione criminale, corruzione e riciclaggio dei proventi del reato. Rischiano fino a cinque anni di carcere.
Il documento sottolinea che tutti e tre sono innocenti fino a prova contraria e chiarisce che i reati sono stati commessi tra il 1 gennaio 2021 e l’8 dicembre 2022, quando la polizia italiana li ha presi in custodia.
I due hanno negato qualsiasi illecito alle autorità italiane, che concordato possono essere estradati in Belgio. Atmoun, l’ambasciatore marocchino, non ha risposto a una richiesta di commento.
Fonte: www.ilpolitico.eu