Lo stato belga non ha violato i diritti di una persona depressa quando ha accettato la sua decisione di procedere con una procedura di eutanasia, ha rilevato martedì la Corte europea dei diritti dell’uomo.
I giudici si sono pronunciati a favore del Belgio in tre capi di imputazione su quattro, trovando in colpa solo il modo in cui il governo ha condotto una revisione dopo l’esecuzione dell’eutanasia.
Il caso riguarda Godelieva de Troyer, che aveva 64 anni quando la procedura è stata eseguita nel 2012. Soffriva di depressione cronica da circa 40 anni quando si è rivolta all’oncologo Wim Distelmans per chiedergli di sottoporsi all’eutanasia. Distelmans è un noto attivista che si batte per il diritto di porre fine alla propria vita in Belgio.
“Alla fine del colloquio, il medico ha concluso che era gravemente traumatizzata, che aveva un grave disturbo della personalità e dell’umore e che non credeva più nel recupero o nel trattamento. Ha accettato di diventare il suo medico ai sensi della legge sull’eutanasia”, si legge a riepilogo degli accertamenti del tribunale.
La denuncia è stata portata in tribunale dal figlio di de Troyer, Tom Mortier, che ha affermato di non essere stato adeguatamente informato della decisione di procedere con la procedura. La corte di Strasburgo ha notato che Mortier ha ricevuto un’e-mail da sua madre in cui ha espresso i suoi desideri e alla quale non ha risposto. Tuttavia, de Troyer non ha voluto chiamare i suoi figli per paura di ritardare la procedura. Mortier è stato poi informato dall’ospedale il giorno dopo l’esecuzione dell’eutanasia.
La corte ha ritenuto che né il quadro legislativo belga per l’eutanasia, né la sua applicazione in questo caso particolare, violassero l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla vita. I giudici hanno anche ritenuto che lo stato avesse rispettato il diritto di de Troyer alla privacy e alla vita familiare, che è protetto dall’articolo 8 della convenzione. I medici avevano compiuto ogni ragionevole sforzo per assicurarsi che si mettesse in contatto con i suoi figli, pur proteggendo il suo diritto alla privacy.
I giudici in un caso hanno trovato da ridire sullo stato, trovando che il governo belga non ha esaminato adeguatamente il caso né nella revisione obbligatoria condotta dalla sua commissione per l’eutanasia, né in un’indagine penale che ne è seguita.
L’ADF International, il gruppo conservatore che rappresentava Mortier, ha accolto con favore la conclusione della corte contro il governo belga. “È un peccato che la Corte abbia respinto il ricorso al quadro giuridico belga; tuttavia, il punto è che le “salvaguardie” propagandate per offrire protezione alle persone vulnerabili dovrebbero innescare una maggiore cautela nei confronti dell’eutanasia in Europa e nel mondo”, ha affermato Robert Clarke, vicedirettore di ADF International.
Fonte: ilpolitico.eu