Il 14 marzo, un caccia russo SU-27 ha abbattuto un drone MQ-9 Reaper statunitense sopra il Mar Nero. I dettagli esatti su dove e come rimangono un mistero anche dopo il rilascio del video del drone che mostra quello che sembra essere uno scarico di carburante per aerei sul drone, ma quei dettagli non contano molto. L’incidente serve principalmente come scusa per un ulteriore aumento delle tensioni USA-Russia intorno alla guerra in Ucraina.
Quando penso ai droni, è più probabile che io pensi alla musica – sì, alla musica – che agli aerei militari senza pilota. E pensare all’effetto drone nella musica fornisce un’utile analogia con la politica estera degli Stati Uniti.
In poche parole, la funzione di un drone nella musica è quella di suonare continuamente una singola nota o accordo sottostante durante una canzone, sovrapponendo melodie/armonie sopra di essa. Quelle melodie/armonie sono variazioni specifiche; la nota drone è il tema.
La nota drone della politica estera degli Stati Uniti almeno fin dalla seconda guerra mondiale, e certamente dalla caduta dell’Unione Sovietica, è stata “egemonia globale”. Cioè, gli Stati Uniti non solo come poliziotto mondiale, ma giudice mondiale, giuria mondiale e carnefice mondiale.
La melodia marziale che il regime degli Stati Uniti suona su quella nota drone è il dominio a tutto spettro, che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti definisce come “[l] effetto cumulativo del dominio nei domini aerei, terrestri, marittimi e spaziali e nell’ambiente dell’informazione, che include il cyberspazio, che consente lo svolgimento di operazioni congiunte senza effettiva opposizione o interferenza proibitiva”.
Ma se il mondo è una big band, neanche lontanamente tutti i suoi 195 regimi sono d’accordo nell’accettare gli Stati Uniti come loro leader, suonare nella stessa tonalità o mantenere lo stesso ritmo.
Se hai mai suonato in una band (a parte forse una combo jazz sperimentale), sai cosa succede quando ogni membro suona o canta in chiavi diverse, a tempi diversi e in diverse indicazioni di tempo.
Non ottieni una canzone.
Ottieni un brutto pasticcio.
Se sei intelligente (e forse dopo una rissa o tre), alla fine capisci che questa band non salirà mai sullo stesso spartito e decidi di sciogliersi.
Gran parte del mondo non ha interesse a suonare con la band americana. Preferiscono formare le proprie combo o intraprendere una carriera da solista.
Gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare il loro brutto ronzio e il loro schema di melodia/armonia e suonare una melodia diversa: “Give Peace a Chance”.
Thomas L. Knapp è direttore e analista di notizie senior presso il William Lloyd Garrison Center for Libertarian Advocacy Journalism, editore di Rational Review News Digest e moderatore della community di commenti e discussioni di Antiwar.com.
La posta Cacofonia, non armonia: la politica estera degli Stati Uniti è una melodia terribile apparso per primo su Blog contro la guerra.com.
Fonte: www.antiwar.com