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Una partita di baseball o una parata militare?

da Notizie Dal Web

Giovedì scorso (30 marzo) è stato il giorno di apertura al Fenway Park, dove la “mia” squadra, i Boston Red Sox, ha iniziato la sua 123esima stagione. Ho acceso la TV proprio mentre un’enorme bandiera americana cadeva sul mostro verde (il muro nel campo a sinistra). In piedi davanti a quel muro c’erano truppe in uniforme mimetica che salutavano con intelligenza all’inizio dell’inno nazionale. Quando l’inno giunse alla sua conclusione, quattro jet da combattimento sorvolarono mentre la folla applaudiva.

E ho pensato tra me e me: quando il giorno di apertura del baseball è diventato una scusa per una parata militare?

Non per fare il guastafeste, ma pensavo stessimo festeggiando una nuova stagione di baseball. Riesco a vedere una celebrazione esagerata di tutte le cose militari il 4 luglio, forse, ma il 30 marzo?

Il cielo conosce il costo di tutto questo trambusto militare. Ai militari non importa, ovviamente, dato che ha un sacco di soldi da bruciare. Inoltre, è fondamentalmente un enorme spot di reclutamento per un esercito che è sempre più sotto pressione per raggiungere le quote di reclutamento, quindi è una vittoria per il Pentagono.

COME Ho già scritto, sembra che non possiamo più giocare a pallone in America senza i militari coinvolti nel gioco. Ma la guerra non è un gioco, e nemmeno il servizio militare.

Anche se il Pentagono e i Red Sox si uniscono per celebrare i militari, dando agli spettatori un caldo sfocato patriottico, i veterani continuano a soffrire degli effetti collaterali di una guerra generazionale al terrore, osserva Andrea Mazzarino a TomDispatch.com. Molti di questi veterani soffrono di molteplici traumi, eppure, come afferma sinteticamente Mazzarino: “I veterani americani hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile e, finora, non ci sono prove che stia arrivando”.

Come al solito, il VA è sottofinanziato anche se l’approvvigionamento di armi è inondato di finanziamenti. Ci sono molte persone nel VA a cui importa, ma sono sommerse dal numero di veterani bisognosi di cure. Un buon libro su questo è “Our Veterans: Winners, Losers, Friends, and Enemies on the New Terrain of Veterans Affairs”, di Suzanne Gordon, Steve Early e Jasper Craven, pubblicato lo scorso anno.

Ciò di cui abbiamo bisogno in America sono molte meno celebrazioni militari e molta più attenzione alla difficile situazione dei nostri veterani. Nel frattempo, rinunciamo alle bardature militari nei nostri parchi di baseball e stadi sportivi e lasciare che i giocatori facciano ciò che sanno fare meglio: giocare a pallone.

William J. Astore è un tenente colonnello in pensione (USAF). Ha insegnato storia per quindici anni nelle scuole e nei blog militari e civili Viste rinforzanti. Può essere raggiunto a wastore@pct.edu. Ristampato da Viste rinforzanti con il permesso dell’autore.

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Fonte: www.antiwar.com

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